Li avevamo quasi dati per finiti qualche tempo fa i Godspeed You! Black Emperor, dispersi da qualche parte nelle vaste foreste boreali del Quebec, poi due anni e mezzo fa ‘Allelujah! Don’t Bend! Ascend!‘ ce li aveva fatti ritrovare (quasi) come li avevamo lasciati.
Il collettivo di Montreal è fortunatamente tornato, e nonostante il nuovo ‘Asunder, Sweet And Other Distress’ sia l’episodio più breve della loro carriera con i suoi 40 minuti scarsi, non viene certo a mancare il fascino ipnotico, epico senza compromessi di una band che sin dall’indimenticabile ‘F#A#∞’ del 1997 ha saputo trovare una formula unica composta da cavalcate eroiche che si innalzano al cielo come la bandiera che campeggia nel poster interno e che i GY!BE riescono a tenere sempre alta incuranti del vento che cambia. “Peasantry or ‘Light! Inside of Light!” è la prima traccia, tanto fantasiosa o semplicemente nonsense nel titolo, quanto maestosa nel suo incedere blues con le chitarre che fiammeggiano alte nel cielo per poi ritrarsi timidamente, ed impennarsi di nuovo ripartendo come e più di prima.
Il tutto naturalmente, come consuetudine, senza la minima traccia di un assolo. La narrazione epica ed il crescendo quasi doom dell’opener va a sfumare lentamente in “Lambs’ Breath“, una nera nebulosa che sembra inghiottire tutto tra droni e rumorismi prettamente ambient. Girando lato del disco non cambia l’atmosfera scura; infatti, anche “Asunder, Sweet“ è una densa nebbia tra ambient, droni e chitarrismo sperimentale che però fa il percorso inverso, squarciandosi nella conclusiva cavalcata di “Piss Crowns Are Trebled“. Il violino di Sophie Trudeau riesce a creare un substrato quasi folk dove le chitarre di David Bryante di Efrim Menuck (membro insieme alla Trudeau anche dei Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra) possono piantare i propri semi emozionali, corali, accorati. Come una disperata invocazione al cielo, la loro sembra una musica da ampi spazi aperti, se non fosse che i GY!BE sono, per la loro vocazione intimista, tra i gruppi più lontani possibile dal rock da stadio. Talvolta può coglierci il dubbio del “già sentito”, ma su questo non possono esserci dubbi, anche se così fosse, lo abbiamo sentito sempre e solo da loro.
In definitiva è un grande album questo dei GY!BE, sicuramente migliore del precedente, e chissà se l’essere diventati meno prolissi abbia reso ancora più potente il loro suono senza compromessi. Meraviglioso come sempre il packaging della benemerita Constellation Records, completo di poster apribile e coupon per il download della versione digitale.